Lhasa


Lhasa ha ormai due anime: una cinese, nuova e per nulla interessante, ed una tibetana, celata nel piccolo ed antico quartiere tibetano. Se ci si addentra nel vecchio Barkor sembra di essere tornati indietro di 400 anni. Moltitudini di pellegrini vestiti in colorati abiti tibetani recitano preghiere e si prostrano di fronte al Jokhang, l'edificio sacro piu' venerato del Tibet. Tutto il quartiere e' un miscuglio di suoni ed odori. L'interno dei monasteri e' illuminato dalla fioca luce di lampade al burro di yak ed intriso dall'odore acre ma gradevole che esse producono. Riconosco che, nonostante piu' di 40 anni di colonialismo cinese in Tibet, il popolo Tibetano e' riuscito a mantenere intatta la propria identita' e spiritualita'. E' grande la differenza: i Cinesi sono tutti molto pragmatici e votati agli affari, i Tibetani sono invece molto spirituali e legati ancora ad uno stile di vita semplice ed ispirato alle radici di un popolo nomade dedito all'allevamento degli yak.
Ho anche visitato il Potala, quella magnifica costruzione che fu un tempo residenza del Dalai Lama. Purtroppo ora e' come uno spettacolare monumento la cui assenza di vita al suo interno ricorda costantemente che il Dalai Lama e' costretto all'esilio in terra straniera. Eppure al suo interno si respira ancora un'atmosfera magica, ed i dipinti murali rammentano come per centinaia di anni potere temporale e religioso abbiano abitato e condiviso le medesime stanze.


Lhasa, Andrea Aloi

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